Situata lungo il confine territoriale del comune di San Vito dei Normanni (BR) con quello di Brindisi, la Masseria Gabellotto ricade in agro brindisino e, più precisamente, prende il nome dall’imposta che si pagava in età medievale per passare da un territorio all’altro, detta appunto “gabella”. Qui siamo tornati per incontrare nuovamente Vincenzo Pugliese, conosciuto in occasione della festa di benvenuto del melone ‘Feddi feddi’ nell’Arca del Gusto di Slow Food.
In questo luogo tutto è autentico e perfettamente conservato nelle pietre originarie, che risalgono intorno al 1600. L’altezza della struttura, sviluppandosi su due piani, rimanda alla funzione difensiva che svolgevano all’epoca le masserie, testimoniata anche dalla presenza, al di sopra dell’ingresso, di un elemento caratteristico di fortificazione: la caditoia, dalla quale si gettava l’olio bollente sui briganti in caso di assalto.
Persino gli ambienti interni hanno mantenuto nel tempo un buono stato e sono tutti perfettamente abitabili. È proprio qui che Vincenzo ci conduce per svelarci quanto di più caro gli appartiene. Seminascosta in un angolo della stanza, contenuta in uno scatolone di plastica e in barattoli di vetro apparentemente riposti alla rinfusa, la sua “banca dei semi” racchiude decine e decine di varietà orticole brindisine (soprattutto meloni, ma anche zucche, cime di rapa, e ancora altro). Ogni barattolo reca un’etichetta con il nome della varietà (spesso dialettale) e l’anno di raccolta della semente, ma soprattutto risveglia ricordi ed emozioni che raccontano il legame atavico con la terra. Un autentico scrigno di biodiversità appartenente al patrimonio famigliare, che Vincenzo ha tratto in salvo appena prima che una vecchia casa di proprietà fosse venduta.
Presto tutto il materiale sarà posto in salvaguardia presso il nostro Dipartimento. Con l’aiuto di Vincenzo e di suo padre Antonio cercheremo innanzitutto di catalogarlo e conservarlo, e avvieremo parallelamente delle prove di germinabilità per testarne l’effettivo stato di conservazione. Questo permetterà poi di approfondire ulteriori aspetti (agronomici e non) di maggior interesse, proseguendo con tenacia l’immane lavoro di questi agricoltori custodi.
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