Solchi ben evidenti su tutta la superficie, forma tondeggiante con leggero schiacciamento ai poli, taglia media e colore bianco crema. Sono queste le caratteristiche che contraddistinguono il melone ‘Feddi feddi’, un patrimonio di biodiversità e gusto che rischiava di scomparire.
L’inserimento nell’Arca del Gusto di Slow Food segna un importante punto di svolta verso la riscoperta e il ritorno sulla tavola di questo prodotto, che vanta una coltivazione pluridecennale, e dà allo stesso tempo risalto al lavoro dei contadini che l’hanno conservato e trasmesso sino ai giorni nostri. Un valore, soprattutto identitario, che si intreccia alla storia famigliare dell’Azienda Agricola Pugliese, da sempre dedita al lavoro nei campi. Vincenzo, l’agronomo di famiglia, è stato tra i primi a individuare le potenzialità di questa varietà.
Il riconoscimento è stato ufficializzato lo scorso 14 settembre, a Brindisi, presso la storica masseria di proprietà della famiglia Pugliese, “Tenuta Gabellotto”, attraverso una serata all’insegna delle tradizioni e degli antichi sapori, accompagnata dalle allegre note danzanti della pizzica salentina. L’evento, organizzato con Slow Food Brindisi, ha coinvolto numerose realtà enogastronomiche locali e ha richiamato una grande partecipazione, riuscendo così a far conoscere il tradizionale melone brindisino oltre i confini della provincia salentina.
Nel descrivere le caratteristiche del melone ‘Feddi feddi’, Vincenzo Pugliese ha voluto innanzitutto soffermarsi sugli aspetti più tradizionali della coltivazione, dalla preparazione del terreno all’individuazione del momento ideale per la raccolta, che avviene nel pieno rispetto dei ritmi naturali della maturazione, passando attraverso l’irrigazione con tecniche attente ad evitare ogni spreco di acqua. Un antico sapere tramandato di padre in figlio da almeno cinque generazioni di agricoltori che non hanno mai interrotto il legame di sangue con la terra.
Ancora oggi, a soli novant’anni, il papà di Vincenzo, noto a tutti come nonno Antonio Pugliese, segue con tenacia e dedizione le attività di famiglia e non perde occasione per trasmettere illuminanti conoscenze a chi è più giovane o meno esperto. Durante la serata ha riferito brillantemente i nomi di tutte le varietà di melone esposte nella mostra pomologica. A proposito del ‘Feddi feddi’, ha aggiunto che in passato era conosciuto anche con il nome di “melone della vecchia”, in riferimento alla polpa compatta e morbida, che poteva essere maggiormente apprezzata dagli anziani con difficoltà di masticazione.
Questa varietà di melone viene trapiantata in pieno campo all’inizio di maggio e i primi frutti si raccolgono in genere già a partire dalla fine di luglio. Nelle annate con decorso climatico favorevole le piante continuano a vegetare sino alla fine dell’estate, producendo secondi frutti di pezzatura più piccola ma di ottima qualità.
Il sapore è dolce e il profumo particolarmente intenso. Dopo la raccolta, però, il melone ‘Feddi feddi’ deve essere consumato nel giro di pochi giorni, perché tende a deperire velocemente. Un’eccezione è rappresentata dal cosiddetto “spurio”, dal latino spurius («illegittimo, bastardo»), ovvero un frutto con caratteristiche somatiche differenti da quelle di partenza, originato dal lavoro di impollinazione ad opera di insetti pronubi. Esso si presenta con una corteccia più dura, che assicura una maggiore resistenza sia durante i trasporti che nel tempo. Talvolta, per preservare tali caratteristiche di pregio, gli agricoltori selezionano i semi proprio a partire dai migliori meloni “spuri”.
Raramente il ‘Feddi feddi’ può trovarsi in vendita presso i mercati ortofrutticoli locali, dove proviene comunque da qualche piccolo produttore della zona. Le diverse denominazioni dialettali ad esso attribuite, però, fanno pensare ad una estensione dell’areale di coltivazione maggiore dell’agro di Brindisi, che comprenderebbe anche quello dei comuni limitrofi. A Mesagne, ad esempio, è ancora oggi conosciuto con il nome ‘Gaghiubbo’ ed è associato ad alcuni soprannomi o modi di dire: quando una cosa ha una forma strana, si dice che è stata fatta “a gaghiubbo”.
Tra le altre varietà esposte nella mostra pomologica, la maggior parte delle quali autoctone (come i meloni ‘Morettino’, ‘Egiziano’ e ‘Fior di fava’, e l’anguria ‘Charleston’), l’attenzione è ricaduta sul melone ibrido ‘Galia’. Si tratta di una varietà attualmente molto apprezzata sul mercato, che merita di essere conosciuta soprattutto per la sua origine. Vincenzo, infatti, ha rivelato che deriva dal tradizionale melone brindisino ‘Zuccherino’ (in dialetto, “zuccarinu”), a frutto sferico e di media pezzatura, con corteccia finemente retata di colore giallo arancio o verde pallido, sul quale il miglioramento genetico è intervenuto per conferire carattere di maggiore resistenza al cracking.
La riscoperta delle antiche varietà di un territorio, ancora una volta, dimostra la straordinaria capacità di creare un ponte virtuale tra il passato e il presente, riportando in luce storie di vita locale, di coltivatori e di famiglie che hanno tracciato le origini di una comunità. Non solo esse meritano di non essere dimenticate, ma vanno riconosciute, raccontate e celebrate da tutti noi, anche per valorizzare il futuro della soleggiata terra cui apparteniamo.
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